Tre Diete a Confronto

Quando una caloria non è solo una caloria?

Un nuovo studio dell’Università di Harvard ha rilevato che, quando si tratta di perdere peso, il numero di calorie consumate non è necessariamente tanto importante quanto la qualità delle calorie.

Il tipo di calorie che il corpo assume può influire sull’efficienza delle persone a bruciare l’energia del loro corpo, che può essere la chiave per perdere peso e mantenerlo normale.

Non è che le calorie non contano, ma la qualità delle calorie in entrata può influenzare il numero di calorie in uscita.

I ricercatori hanno studiato 21 adulti sovrappeso e obesi, iniziando ciascuno con una dieta che li ha aiutati a perdere almeno il 12,5% del loro peso corporeo. Quindi, per aiutarli a mantenere quella perdita di peso, i ricercatori hanno inserito i partecipanti in un ciclo di tre diete, a cui si sarebbero dovuti attenere a ciascuna per quattro settimane.

Una era una dieta a basso contenuto di grassi, simile a quella raccomandata dall’American Heart Association, che riduceva ai partecipanti il quantitativo di grasso dai pasti, inseriva i cereali integrali e molta frutta e verdura.

Un altro è stato modellato sulla dieta di Atkin, un piano in cui i partecipanti mangiavano più proteine e grassi ma riducevano severamente il consumo di pane, pasta e altri carboidrati.

La dieta finale era un piano a basso indice glicemico, un modello basato sulla regolazione dei livelli di zucchero nel sangue del corpo utilizzati in molti piani dietetici commerciali, come Nutrisystem e la dieta Zona. Il piano non richiedeva ai partecipanti di ridurre il grasso o i carboidrati nella loro dieta, ma si concentrava sulla qualità dei carboidrati che mangiavano. Il piano ha spinto i partecipanti a sostituire alcuni prodotti a base di cereali e verdure amidacee con verdure, legumi, frutta e alimenti ricchi di grassi sani.

I risultati non sono una buona notizia per gli appassionati di dieta a basso contenuto di grassi. Quando i partecipanti alla dieta seguivano quel piano, i loro corpi bruciavano meno calorie di quando seguivano le diete a basso contenuto di carboidrati o di basso indice glicemico. E la dieta a basso contenuto di grassi ha cambiato alcuni fattori metabolici nei loro corpi che in genere prevedevano il recupero di peso.

La dieta a basso contenuto di carboidrati sembrava aiutare i partecipanti a bruciare più calorie. Ma ha anche aumentato alcuni marcatori di stress e infiammazione nel corpo, come l’ormone dello stress cortisolo, che sono fattori di rischio per le malattie cardiovascolari e altri problemi di salute.

Alla fine, i ricercatori hanno scoperto che la dieta a basso indice glicemico ha raggiunto il giusto equilibrio per i partecipanti. Lì ha aiutati a bruciare più calorie, anche se non tanto quanto la dieta a basso contenuto di carboidrati, ma senza aumentare i marcatori di stress che causano le malattie.

Lo studio è stato pubblicato sul Journal of American Medical Association.

I risultati forniscono evidenze fisiologiche per un consenso crescente tra medici e specialisti della dieta: le diete a basso contenuto di grassi non sono vantaggiose come molti pensavano una volta.

C’è un crescente consenso nel ritenere le diete a basso contenuto di grassi troppo semplicistiche e poco utili. Invece, la riduzione dei carboidrati altamente trasformati mostra sempre più evidenza dei suoi benefici.

Carboidrati pesantemente lavorati – pane bianco, riso bianco e alcuni cereali per la colazione, per citarne alcuni – rendono lo zucchero facilmente accessibile, invece di mantenerlo legato ad elementi più salutari, come la fibra di una mela. Lo zucchero facilmente assorbibile porta a una rapida impennata e alla caduta di zucchero nel sangue dopo un pasto, che può rendere impossibile la perdita di peso.

Il consiglio di evitare cibi trattati sembra oggi comune, ma non è sempre stato così importante.

La vecchia piramide alimentare, con sei/undici porzioni al giorno di pane, pasta o riso alla base, è stata considerata valida per molti anni. Alla luce di quanto sappiamo oggi, sembrerebbe che questo schema casomai fornisca un’efficace prescrizione per l’aumento di peso, anziché mantenerlo normale.

Altri studi hanno trovato risultati a favore di diete dimagranti basate sull’indice glicemico, tra cui uno studio pubblicato nel New England Journal of Medicine nel 2010 che ha rilevato che il programma di dieta era il più efficace nell’aiutare le persone a mantenere la loro perdita di peso.

Il Dr. Louis Aronne, direttore del programma di controllo del peso globale al New York Presbyterian Hospital, ha dichiarato che l’indice glicemico è diventato una parte fondamentale della sua pratica nell’aiutare i pazienti obesi a perdere peso.

“Molti specialisti dell’obesità che trattano i pazienti tutto il giorno, come noi, preferiscono diete a basso contenuto glicemico, quelli con meno zucchero e amido, perché i pazienti stanno meglio”, ha detto.

Lo studio non ha seguito i pazienti a lungo termine e gli autori osservano che è difficile dire se i dietisti avrebbero mantenuto la loro perdita di peso al di fuori dell’impostazione altamente controllata dello studio.

In definitiva, i medici concordano sul fatto che le diete equilibrate che eliminano il cibo-spazzatura sono le più salutari. Sarah Bleich, una assistente professore alla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health, ha dichiarato che il miglior consiglio sulla perdita di peso si riduce a un semplice messaggio: mangiare meno calorie di quelle che si bruciano durante l’esercizio.

“Anche se il tipo di calorie è importante per il mantenimento della perdita di peso, si riduce ancora a semplici operazioni aritmetiche – mangia di meno, fai più esercizio fisico”, ha detto.

Ma se le persone avessero il tempo e gli strumenti precisi per calcolare le calorie giornaliere in entrata e in uscita, potrebbero invece più facilmente seguire le principali semplici regole di uno stile alimentare con un basso indice glicemico, che in definitiva sostituisce i cereali e le farine bianche con cereali integrali e farine integrali; lo zucchero con dolcificanti naturali senza impatto glicemico (stevia, eritritolo, frutta intera), e l’alcol con bevande analcoliche.

Questo esclude automaticamente il cibo-spazzatura, che sfrutta proprio l’elevato indice glicemico dei suoi ingredienti per fornire il senso di appagamento immediato ma di breve durata. E ciò che rimane invece sono i cibi integrali, la verdura, i legumi, la frutta secca, i semi oleosi, le spezie e un po’ di frutta. Le fonti proteiche animali in pratica non modificano l’indice glicemico e non vengono considerate.

Se poi sostituiamo l’eccesso di grassi saturi con dei grassi migliori, e in pratica otteniamo una dieta antinfiammatoria. Quindi tra le varie diete ad esclusione, l’unica che ha un senso e un riscontro positivo è quella che riduce o elimina solo quella parte di carboidrati che sono ad elevato indice glicemico.

Fonte:

https://www.hsph.harvard.edu/nutritionsource/2015/12/16/dr-david-ludwig-clears-up-carbohydrate-confusion/

Perché l’I.G. è Importante Per Tutti

L’Indice Glicemico indica la velocità con cui aumenta la glicemia dopo l’assunzione di un alimento, in riferimento ad un valore standard che è quello del glucosio puro. L’Indice Glicemico del glucosio puro è pari a 100.

Per quantificare l’I.G. si misura il livello di glicemia dopo l’ingestione di 50 grammi di un alimento. Significa che se mangio 50 grammi di pizza al formaggio che ha un I.G. pari a 80, la mia glicemia si alzerà dell’80%.

C’è un altro aspetto della glicemia, e riguarda il Carico Glicemico. Questo parametro si ottiene moltiplicando L’Indice Glicemico di un determinato alimento per la quantità che ne abbiamo assunto. Quindi se mangio 300 grammi di pizza il mio carico glicemico sarà molto elevato: 80×300=24000.

Nelle persone diabetiche si è rotto l’equilibrio che regola l’insulina, causando così iperglicemia. Ma anche le persone non diabetiche, al fine di preservare la salute, devono prestare attenzione all’indice glicemico, perché nel momento in cui la glicemia sale molto e in fretta, come accade spesso con la dieta attuale, la risposta insulinica diventa più marcata e l’organismo si abitua ad utilizzare preferenzialmente gli zuccheri al posto dei grassi, rendendo sempre più difficile mantenere un peso normale. Inoltre gli zuccheri che entrano così velocemente nel nostro metabolismo vengono subito trasformati in grasso in eccesso, con un aumento sia del peso che dello stress ossidativo: ovvero invecchiamo più precocemente e diventiamo soggetti ad elevato rischio di tumore e di patologie infiammatorie.

 

Ingerendo alimenti ad alto I.G. abbiamo anche un effetto altalenante della glicemia: dopo 2-4 ore da un pasto ad alto I.G. (pizza, bevande alcoliche, patatine, snack, hamburger, dolce, Coca Cola, pasta, pane bianco, ecc.), la nostra glicemia scende velocemente e torna la fame. Quindi si torna tendenzialmente a mangiare lo stesso cibo cadendo così in un circolo vizioso. Nel tempo si crea un sovraccarico di lavoro sia per il fegato, che diventa steatosico (spesso senza sintomi), e sia per il pancreas, che causa inizialmente insulinoresistenza e successivamente il diabete.

Gli alimenti ad alto I.G. inoltre aumentano la quantità di placca dentaria, causano alitosi e il rischio di carie aumenta. Sono anche correlati con una maggiore incidenza di depressione e ridotte performance psico-fisiche.

Oltre a mangiare cibi ad alto I.G., la dieta odierna è praticamente priva di fibre, ovvero di quelle sostanze in grado di rallentare la velocità di assorbimento degli zuccheri e di abbassare l’indice glicemico del pasto. Non solo: ma quando aggiungiamo zuccheri al colesterolo, che è tipico di un pasto della dieta moderna, andiamo ad infiammare i vasi sanguigni che diventano fragili e su cui il colesterolo si depositerà causando delle placche.

Lo zucchero compete con la vitamina C per entrare nelle cellule, perché hanno una struttura simile. Quindi quando si comincia a diventare più resistenti all’insulina, lo si diventa anche alla vitamina C. Quindi non solo facciamo entrare lo zucchero nelle cellule con il suo potenziale ossidativo e distruttivo, ma lasciamo fuori la vitamina C che è un potente antiossidante indispensabile al corretto funzionamento del nostro organismo.

L’insulina che poi fluisce nel nostro sistema cardiocircolatorio in abbondanza dopo ogni pasto “moderno”, stimola continuamente la risposta allo stress dell’organismo, che deprime il sistema immunitario e causa un accumulo anche maggiore di colesterolo, perché il colesterolo serve per costruire gli ormoni dello stress e ridurre l’infiammazione.

Gli ormoni dello stress allertati come se fossimo in carestia quando non lo siamo, mandano poi un segnale al cervello che gli dice che abbiamo bisogno di altro zucchero e di altro grasso…

L’insulina in circolo in grosse quantità, stimola continuamente le cellule del rivestimento delle arterie a moltiplicarsi continuamente, perché non sono geneticamente resistenti a questo ormone. Questo ammasso di tessuto in eccesso forma la placca. E a questo punto anche il sangue si coagulerà più facilmente.

Il colesterolo non è responsabile delle malattie cardiocircolatorie o delle placche aterosclerotiche, anche se per anni è stato creduto che fosse così.

Il vero responsabile di queste e molte altre patologie metaboliche, infiammatorie e tumorali, è lo zucchero.

 

 

Per approfondire l’indice glicemico, e i danni causati da zuccheri semplici:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/3906452

http://bmjopen.bmj.com/content/6/6/e010401

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26109579

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25514303

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24618754

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26160327

http://colebradburn.com/2011/10/19/sugar-cholesterol-and-plaque-explained/

Cosa sono gli AGE?

Gli AGE sono un complesso ed eterogeneo gruppo di composti che stanno per Advanced Glycation End-products, ovvero il prodotto finale di glicazione avanzata che avviene attraverso reazioni non enzimatiche di zuccheri riducenti con gli aminoacidi delle proteine, lipidi e acidi nucleici.

Gli AGE si formano a livello endogeno, ma recenti studi suggeriscono che la dieta costituisce una importantissima fonte di AGE.

“Age” in inglese significa anche età: non a caso la presenza e l’accumulo di AGE nelle cellule causa stress ossidativo ed evoca reazioni infiammatorie e fibrotiche, causando la malattia e l’invecchiamento precoce dell’organismo.

Gli AGE sono implicati nelle malattie cardiovascolari con annesse aterosclerosi, ipertensione, patologie delle arterie coronariche e carotidee, vasculopatie periferiche, insufficienza cardiaca, cardiomiopatia e microangiopatia.

Sono anche implicati nel diabete e sue complicazioni come retinopatia, nefropatia, vasculopatia e neuropatia.
Interazioni degli AGE con i loro recettori cellulari (RAGE) producono radicali liberi, NF-kB (nuclear factor kappa-β), e citochine pro-infiammatorie.

Una riduzione dei livelli di AGE può essere ottenuta tramite il consumo di alimenti a basso contenuto di AGE; la cottura di cibi a basse temperature per tempi ridotti e usando la cottura a vapore o in acqua. La riduzione di AGE si può anche ottenere tramite l’assunzione di alcune vitamine come la D, alcune sostanze come la curcumina (contenuta nella curcuma), e alcuni farmaci come gli ACE-inibitori (anche conosciuti come inibitori dell’Enzima di Conversione dell’Angiotensina, e non per ultimo, va eliminato il fumo di sigaretta.

In conclusione, le attività nocive degli AGE E RAGE possono essere limitate tramite la riduzione della loro assunzione, e/o tramite la loro soppressione con sostanze antiossidanti.

Non suona sorprendente se nell’elenco dei cibi a più alto contenuto di AGE troviamo al primo posto il bacon fritto, e poi il burro e la margarina, e tra gli ultimi troviamo le solite verdure e la frutta.

In particolare, le raccomandazioni di organizzazioni come la American Heart Association, la American Institute for Cancer Research, e la American Diabetes Association, sono quelle già in accordo con una dieta sana e lungimirante:

• aumentare il consumo di pesce fresco (non lavorato industrialmente), legumi, latticini magri, verdura, frutta, e cereali integrali;

• evitare l’assunzione di grassi solidi, carni grasse, latticini grassi, cibi industriali e cibo spazzatura.

 

Per approfondire il tema degli AGE, il loro ruolo e come ridurne l’assunzione:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26178030

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11270668

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27277623

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29483760

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27231427

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27719648

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3704564/