Nel Carrello della Spesa (2)

Vi mostro alcune cose nuove trovate nei supermercati che pur essendo confezionate, ci aiutano a mantenere una buona alimentazione. Se volete dare un’occhiata alle precedenti novità alimentari di questa rubrica, qui ci sono i precedenti articoli: Nel Carrello della Spesa (1), Novità nel Carrello, Nella Borsa della Spesa (1), e Nella borsa della Spesa (2).

Noci brasiliane; branzino, salmone e orata in vasetto; tè verde matcha; funghi Shiitake; yogurt Bella Vita; Doppio Concentrato di pomodoro al naturale; Bevanda di anacardo e cocco; Quinoa Mix con verdure e lenticchie rosse.

Le noci brasiliane sono un concentrato di benefici. Sono famose per il loro altissimo contenuto in selenio, ma non mancano di altri minerali, fibre e di vitamine come la E e la B1. Il loro apporto giornaliero non dovrebbe però superare i 30g giornalieri, in quanto sono molto ricche di grassi, non tutti insaturi. Il loro aminoacido limitante è il triptofano, ricco invece nei semi di zucca, nelle uova, nel pollo e nei funghi – giusto per suggerire alimenti con cui fare una bella ricetta che include questi semi oleosi.

Ho trovato all’Interspar tre confezioni diverse di pesce in vasetto di vetro. Salmone, orata e branzino sono gustosissimi sostituti del tonno: la pesca indiscriminata di quest’ultimo ne mette a repentaglio l’esistenza negli oceani. Quindi oltre allo sgombro e alle alici, sono contenta di aver trovato anche questi altri pesci sott’olio, che ho trovato davvero buoni e pratici. Sono proprio a marchio Despar, e vengono confezionati in Spagna.

Molto spesso faccio uso del tè verde giapponese matcha, perchè non solo possiede tutte le virtù del comune tè verde in bustina da mettere in infusione, ma la sua forma in polvere permette di mangiare interamente le sue foglie, aumentando esponenzialmente i suoi benefici. E’ un prodotto costoso, dato che solo questa confezione da 30 grammi costa oltre sei Euro, ma conviene di più fare un infuso di tante foglie che poi vanno buttate, o usare piccolissime quantità che invece si sfruttano interamente? Io preferisco la seconda opzione, e dato che una confezione mi dura oltre un mese, il costo risulta molto basso e non solo: il matcha si può usare crudo, cosa che faccio abitualmente, e così mantiene tutti i benefici. Ne sciolgo la punta di un cucchiaio in una bevanda vegetale (ma non abitualmente nei latticini, dato che la caseina ne abbatte diverse caratteristiche) oppure lo uso in altre ricette. Il tè verde matcha rispetto al tè verde normale, contiene 137 volte antiossidanti in più, risultando enormemente protettivo contro l’infiammazione, l’ossidazione e non per ultimo il tumore. I riscontri nell’ambito della ricerca scientifica sui benefici del tè verde, soprattutto matcha, sono così tanti che non saprei da dove cominciare per mostrarveli e ci sono studi raggruppati in studi, detti revisioni sistematiche, che sono già di per sè numerosi sull’argomento. Comunque, uno tra i tanti è questo.

I funghi shiitake possono rappresentare una fonte di vitamina D, seppure non elevatissima, anche per via del quantitativo limitato di una porzione di funghi. E non per ultimo a causa del loro costo, molto elevato (248,75 Euro/Kg). Ma questi funghi sono anche una buona fonte di potassio, fosforo, zinco, ferro, manganese, e vitamine del gruppo B. Sebbene 100 grammi di funghi shiitake essiccati contengano ben 4640 U.I., una porzione all’interno della bustina è pari a 8 grammi, quindi a circa 400 U.I. (il costo per bustina è di 1,99 Euro). Le vecchie linee guida sulla vitamina D contemplavano valori molto bassi di vitamina D, ponendo in molti casi il fabbisogno consigliato pari a 100 U.I., ma da studi più recenti – e nemmeno tanto recenti ma purtroppo ancora ignorati da molti medici – il fabbisogno di tale vitamina risulta essere di gran lunga più elevato, e la diffusa carenza di vitamina D nel mondo occidentale si ritiene causa o concausa dell’insorgenza di vari disturbi che spaziano dai dismetabolismi alle patologie croniche intestinali, dato che i livelli di vitamina D in queste persone sono sempre molto bassi rispetto alla media. Poi non è tanto importante quanta vitamina D si assume, ma quanta ne serve per raggiungere il livello necessario. Si deve quindi porre l’attenzione ai valori nel sangue, e per raggiungere un valore medio di tale vitamina per qualcuno possono essere sufficienti 1000 U.I. mentre per altri servono 6000 U.I. (varia anche in base al peso corporeo, con maggiori quantitativi per chi ha più grasso). A meno che non facciate un lavoro all’aperto come il muratore o il giardiniere, ci sono elevate probabilità che abbiate una carenza di vitamina D.

Sono fan dello yogurt Bella Vita senza lattosio perchè è uno dei pochi yogurt senza lattosio privo di zuccheri e altri additivi non graditi. Inoltre ha un gusto fresco e la consistenza è disomogenea, proprio come deve essere un vero yogurt. Dato che non ci sono aromi ad adulterarne il sapore, quello che si sente è il gusto buono e autentico di un latte altoatesino di buona qualità, proveniente da mucche al pascolo che vivono in condizioni ottimali, e non rinchiuse in affollate “prigioni”. Faccio sempre caso alla provenienza dei miei latticini (e degli altri prodotti animali), e premio quelli che uniscono qualità ed etica (altro esempio: il latte Mila).

Il Doppio Concentrato di Pomodoro della Alce Nero è un prodotto che uso spesso, sia da solo spalmato sulle gallette, sia come base per altri piatti. Si tratta di puro e semplice pomodoro biologico, super-concentrato, e quindi sia il gusto che tutti i suoi benefici come il licopene, il potassio, il beta-carotene, la luteina e la zeaxantina, sono abbondanti. L’ho usato per fare ad esempio il pane al pomodoro, oppure come base per sughi saporiti.

Non mi piacciono tutte le bevande vegetali, ma questa secondo me è buonissima: il latte di Anacardo e Cocco della Isola Bio. Ha un sapore pieno, con gli aromi delle noci più dolci, e non mi stanca mai.

Buone le minestre pronte della Ecor, questa per me è molto gradevole, la Quinoa Mix con verdure e lenticchie rosse, in confezione da 200 grammi. La quinoa prevede un ammollo e un tempo di cottura per cui non tutti possono pazientare, o avere il tempo di preparare. Questo tipo di pratiche confezioni che si trovano nei negozi biologici permettono di mangiare un alimento sano, e sebbene confezionate sono prive di conservanti sintetici, aromi artificiali e altri additivi indesiderati.

Sebbene in linea generale i cibi confezionati non debbano rappresentare la principale fonte di alimentazione, per chi non ha tempo di cucinare si possono trovare dei buoni compromessi come questi elencati sopra, dove la confezione evita perdite di tempo, sprechi e alternative ben peggiori a base di junk food (cibo spazzatura).

Cibo per gli Occhi

Di solito per cibo per gli occhi si intende un piatto presentato bene, esteticamente gradevole, al punto che anche i nostri occhi “ne traggono nutrimento”.

Ma ci sono cibi specificatamente utili per la salute della vista? Il buon senso popolare indica le carote, e di certo queste possono far parte di quegli alimenti che aiutano il nostro apparato visivo grazie al contenuto di beta-carotene. Ma ci sono sostanze anche più utili e salutari, e in base a come si mangiano, possono diventare più o meno efficaci. Vediamo quindi come beneficiare gli occhi con la dieta.

Gli occhi hanno bisogno di diverse sostanze per funzionare bene.

La vitamina A, nella forma del suo precursore beta-carotene, si trova in diversi frutti e verdure, in quantità diverse. Carote, prezzemolo, pomodori e peperoni sono tra i primi in lista per il contenuto di beta-carotene. Ma… attenzione, perchè questa sostanza è termolabile. Significa quindi che se io cuocio queste verdure, con il calore ne riduco o ne elimino il betacarotene, e non ne ottengo i benefici. Quindi quando si può, è meglio mangiare queste verdure crude, oppure cuocerle nel microonde, il cui sistema diverso di cottura assieme al tempo ridotto, preserva almeno una parte della vitamina.

Un altro modo per ottenere vitamina A, è assumerla nella sua forma di retinolo, che è anche la più biodisponibile, ovvero è meglio assorbito dal nostro organismo. Il retinolo si trova nelle fonti animali, come il fegato bovino e l’olio di fegato di merluzzo. Dato l’elevato contenuto in queste fonti, una breve cottura, come nel caso di fettine di fegato, permette di ottenere molta vitamina A di cui metabolizzeremo un buon quantitativo. Spesso gli integratori di vitamina A contengono proprio olio di fegato di merluzzo, che può quindi essere assunto in capsule insapori. Come per tutte le sostanze, c’è la giusta quantità che ci apporta beneficio, oppure il troppo, che ci danneggia. Il quantitativo consigliato di vitamina A giornaliero è di 800 µg.

Lo zinco è indispensabile per la vista. E’ possibile che certe carenze di vitamina A siano causate in realtà da una carenza di zinco, perchè questo minerale, tra le sue numerose funzioni, ha anche quella di trasportare la vitamina A dove serve. Lo zinco si trova soprattutto in carne, pesce, crostacei, pollame, uova e latticini. Per la precisione al primo posto troviamo le ostriche, seguite da germe di grano e di nuovo, dal super-nutriente fegato bovino. Per quanto riguarda le origini vegetali, queste sono molto soggette al quantitativo di zinco che si trova nel terreno delle piante che utilizziamo. In linea di massima, il grano ne contiene buone quantità, ma non si tratta della farina bianca con cui si fanno pasta e pane, ma bensì del chicco intero completo di crusca e germe. Anche i legumi ne possiedono piccoli quantitativi, così come i semi oleosi come lino, semi di papavero, di zucca, di girasole. Il nostro fabbisogno di zinco è di circa 10 mg al giorno, un po’ di più per le donne e un po’ meno per gli uomini.

Il rame partecipa alla sintesi del tessuto connettivo e a processi di protezione contro lo stress ossidativo. Svolge inoltre funzioni protettive dei tessuti e dei capillari. L’alimento più ricco di rame è il fegato di vitello. A seguire altri fegati di diversi animali, successivamente troviamo le ostriche e i funghi secchi. Seguono gli anacardi, i calamari, le nocciole e le noci. Per le donne il fabbisogno è di 1-1,3 mg al giorno, mentre per gli uomini è di circa 1,6 mg.

Il licopene è un carotenoide che fa sempre parte della famiglia della Vitamina A assieme a retinolo, beta-carotene, luteina e zeaxantina. Tratterò di questi ultimi due carotenoidi a breve. Il licopene è contenuto principalmente nei pomodori, e quando questi vengono cotti, il licopene non va disperso ma anzi, l’aumento di temperatura rende tale sostanza meglio assorbibile e più concentrata. Quindi ben vengano i concentrati di pomodoro. Pompelmo rosa, arance rosse, carote, albicocche e cocomeri rappresentano una fonte minore di licopene. Il licopene presenta una attività antiossidante molto spiccata, e limita i danni della fotoesposizione. Protegge inoltre dalle malattie neurologiche e degenerative in generale.

La luteina è presente soprattutto negli spinaci, nella cicoria, nel radicchio rosso, e in misura minore nella rucola e nei piselli. Questo carotenoide funge da agente protettivo nei confronti di patologie ossidative dell’occhio, quali la cataratta e la degenerazione maculare senile.
La zeaxantina è un altro carotenoide, e a livello fisiologico è stato dimostrato che i carotenoidi zeaxantina e luteina proteggono le cellule della retina la cui degradazione è una delle cause più diffuse di cecità negli anziani. Si trova soprattutto in spinaci, broccoli, radicchio rosso, piselli verdi e crescione.

La vitamina C è importantissima per la salute degli occhi: protegge dall’azione dannosa dei radicali liberi agendo come uno scudo contro alcune patologie degenerative oculari, come ad esempio il glaucoma. Le fonti migliori di tale vitamina sono rappresentate in ordine dcrescente dall’acerola, peperoni gialli, litchi, peperoni rossi, kiwi, broccoli, cavoletti di Bruxelles, papaya, fragole. La dose massima consigliata di vitamina C è pari a 2000 mg, ovvero due grammi al giorno. Molto sensibile al calore, la vitamina C necessita di essere assunta con cibi che non vanno cotti, o in alternativa, si può assumere con degli integratori.

La vitamina E è il nome dato ad un gruppo di composti antiossidanti biologicamente attivi, i tocoferoli. Essa protegge gli acidi grassi polinsaturi delle membrane cellulari dall’ossidazione, prevenendo danni a livello cellulare. È utile nella prevenzione di disturbi oculari quali cataratta e degenerazione maculare senile. L’alimento più ricco di vitamina E (alfa-tocoferolo) è l’olio di germe di grano, a seguire c’è l’olio di nocciola, l’olio di semi di girasole, l’olio di mandorle, l’olio di mais e l’extra vergine di oliva. La frutta secca e i semi oleosi seguono, con le mandorle e i semi di girasole in testa. Attenzione: anche la vitamina E è termolabile, quindi l’utilizzo di oli cotti inficia il quantitativo disponibile.

La vitamina B è un insieme di otto diverse vitamine, una volta credute un’unica vitamina. Dato che sono solubili in acqua, ad eccezione della vitamina B12 l’organismo non è in grado di immagazzinarle, e quindi di solito ogni eccesso viene eliminato con l’urina. Recenti ricerche hanno dimostrato che la combinazione di B6, B12 e acido folico (vitamina B9) riduce il rischio di insorgenza di degenerazione maculare. La vitamina B6 si trova in diversi alimenti proteici, soprattutto frattaglie, carni, pesci e legumi. Altri fonti importanti sono patate e altre verdure, cereali integrali, frutta secca, uova. Presente negli alimenti di origine animale, la vitamina B12 è indispensabile per la formazione di DNA, RNA, per la crescita e la divisione cellulare e per la produzione di globuli rossi. Una carenza di vitamina B può aumentare la sensibilità alla luce, la propensione a contrarre infiammazioni e il rischio di paralisi dei muscoli oculari. L’acido folico è sensibile al calore, mentre le vitamine B6 e B12 non ne risentono.

Il selenio è un minerale che interagisce soprattutto con la vitamina E e lo iodio, ma anche con il rame e lo zinco. Bassi livelli di selenio sono collegati ad un maggior rischio di cancro, disturbi cardiovascolari, malattie infiammatorie e ad altre patologie associate al danno da radicali liberi, inclusi l’invecchiamento precoce e la cataratta. Tra i primi alimenti ricchi di selenio, troviamo il rene di maiale, il tonno, i semi di girasole, le seppie, le cozze, il polipo, il germe di grano, il salmone e altri alimenti di origine ittica. Il quantitativo giornaliero di selenio si aggira attorno ai 55 µg.

Anche in questo caso si evince che per assumere le sostanze necessarie per il nostro metabolismo e il nostro benessere, abbiamo bisogno di mangiare in modo vario e naturale. Specificatamente, per la salute degli occhi, dovremmo prediligere le verdure arancio e rosse, quelle a foglia scura, le crucifere, il fegato, il pesce, le uova, la frutta secca, i semi oleosi, i cereali integrali e i legumi.

Per approfondire:

http://www.valori-alimenti.com/

https://it.wikipedia.org/wiki/Dose_giornaliera_consigliata#Valori_raccomandati

I Magnifici 8 (Nutrienti)

Per molti anni la dieta mediterranea è stata promossa come uno stile alimentare associato a una migliore salute fisica e mentale. Alla luce di queste informazioni, i ricercatori dell’Università dell’Illinois Urbana-Champaign hanno esaminato attentamente 32 importanti sostanze nutritive associate alla dieta mediterranea per vedere quali potevano essere specificamente collegati a prestazioni cognitive più sane negli anziani. Le loro scoperte, pubblicate online nel dicembre 2018 e nel numero di marzo 2019 della rivista NeuroImage, hanno circoscritto i benefici a otto sostanze nutritive chiave.

Piuttosto che basarsi su questionari alimentari standard che richiedono ai partecipanti allo studio di ricordare cosa e quanto hanno mangiato durante specifici periodi di tempo, o test cognitivi tradizionali, i ricercatori hanno usato l’analisi del sangue per esaminare lo stato reale dei nutrienti dei partecipanti e la risonanza magnetica (immagini di risonanza magnetica) e per misurare l’efficienza delle loro reti cerebrali. Questi metodi diretti di raccolta delle informazioni hanno fornito ai ricercatori prove più chiare e più accurate di eventuali associazioni tra dieta e salute del cervello.

 

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La Dieta Mediterranea è ricca di verdure, legumi, frutta, pesce, noci, olio extravergine di oliva e cereali integrali: tutte fonti di nutrienti importanti.

 

I ricercatori hanno ristretto le 32 sostanze nutritive fornite da una dieta mediterranea tradizionale a diverse che sembrano giocare ruoli chiave in un sano invecchiamento cerebrale, in prestazioni cognitive potenziate, nell’efficienza funzionale della rete cerebrale, nella funzione esecutiva e nell’intelligenza generale. Questi includono acidi grassi omega-3, che si trovano in quantità significative in grassi pesci e oli di pesce; acidi grassi omega-6, presenti in oli vegetali, noci, semi, prodotti a base di pollame e cereali integrali; licopene, presente negli alimenti vegetali a pigmenti rossi, come pomodori e anguria; carotenoidi, trovati in alimenti a pigmenti gialli e arancioni, come patate dolci, zucca e carote; vitamina D, che si trova principalmente nei pesci grassi e in alcuni funghi; e la vitamina B riboflavina, presente nei latticini e nei cereali arricchiti; i folati, trovati in verdure a foglia verde scure e altre verdure e frutta; e B12, trovati in prodotti di origine animale come carne, pollame, pesce, uova, latticini. Un sottoinsieme dei partecipanti allo studio originale è ritornato due anni dopo per un follow-up e sono stati confermati modelli di nutrienti simili.

Tuttavia, non è solo il consumo di questi singoli nutrienti che influisce sulla salute del cervello e sull’efficienza cognitiva, hanno scoperto i ricercatori, ma piuttosto sul modo in cui lavorano insieme e vengono elaborati collettivamente dall’organismo più importante. Ecco perché gli esperti di nutrizione raccomandano, quando possibile, di ottenere i nutrienti da una dieta varia ed equilibrata, dove sono naturalmente confezionati insieme in quantità salutari e utili.

La ricerca continua spesso a concentrarsi sui benefici del mangiare una dieta in stile mediterraneo, perché questo particolare modello alimentare garantisce la disponibilità di una grande varietà di nutrienti noti per essere essenziali per la prevenzione delle malattie e una salute duratura. (Ovviamente, nei casi in cui i nutrienti specifici non sono facilmente disponibili nella dieta, un medico o un nutrizionista può raccomandare integratori).

 

Per approfondire:

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1053811918321517?via%3Dihub

Il Cibo del Futuro

Non credo che il cibo del futuro sarà fatto di pillole ipervitaminizzate e aromatizzate, come si ipotizzava agli albori della corsa allo spazio. Credo piuttosto che sarà il nostro cibo di sempre, ma ottimizzato nella sua qualità. Nel frattempo dobbiamo fare i conti con il numero di abitanti mondiali in vertiginosa crescita che necessita di sempre maggiori risorse, e del cambiamento climatico che rende molte aree sempre più inospitali e aride, o distrugge intere colture con inondazioni e altri eventi climatici violenti. Che dire anche della crescente urbanizzazione, che toglie spazio alle coltivazioni e alle foreste? Infine, ci sono l’inquinamento dei pesticidi, dei fertilizzanti, dei diserbanti… ma il futuro non è così nero come sembra …Sempre che facciamo qualcosa per cambiare tutto, ora.

Una soluzione per tutti questi problemi sembra essere una nuova forma di agricoltura. Se conosciamo già almeno per sentito dire l’idroponica, che nuovissima non è, ci sono altre due varianti che sono l’acquaponica e l’ariaponica.

L’idroponica ha il vantaggio di essere, delle tre, la forma più semplice di coltivazione che non prevede l’uso di terreno. Infatti si è scoperto che le piante possono crescere su diversi substrati, a patto che abbiano i loro nutrienti, che raccolgono appunto attraverso l’acqua. Quindi le piante possono crescere senza terreno, con le radici immerse in un mix di acqua e nutrienti (minerali), sostenute da vari materiali come fibra di cocco, lana di roccia, paglia, pietra pomice, ecc. che servono, come la terra, a tenere in posizione le radici e il fusto. Questo permette di far crescere piante ovunque, anche sul tetto degli edifici, o sottoterra, grazie all’illuminazione artificiale. In diversi paesi si stanno già coltivando piante sfruttando tra l’altro edifici dimessi e spazi inutilizzati. In Inghilterra c’è una azienda che coltiva piante in idroponica in un bunker abbandonato risalente alla seconda guerra mondiale, mentre nel New Jersey ha aperto la più grande azienda di ariaponica in una ex-acciaieria. È un po’ come se la natura per una volta tanto invadesse gli spazi urbani anziché il contrario.

Queste aziende usano l’energia fotovoltaica per portare “il sole” anche sottoterra, quindi non c’è inquinamento per produrre la luce necessaria. Sembra controintuitivo, ma un sistema del genere è tutto molto più green e rispettoso dell’ambiente. Infatti l’idea che la campagna sia pulita e non inquinata è un’immagine molto romantica ma anacronistica: i trattori e le altre macchine agricole inquinano parecchio, e allo stesso modo inquinano anche tutti i prodotti chimici che vengono utilizzati per trattare tutto, dal terreno al prodotto finale, causando anche un pesante inquinamento delle falde acquifere. Certo, c’è l’agricoltura biologica, ma non significa che non vengono utilizzati prodotti chimici, ma solo che ne vengono impiegati in misura molto ridotta. La biologica al momento è spesso l’opzione migliore, ma è una agricoltura che rende meno e costa di più, e quindi diventa poco accessibile per le persone con poche risorse economiche, creando disuguaglianze.

L’idroponica è un sistema molto più economico perché utilizza spazi già esistenti o inutilizzati e non necessita di terreno, è già biologica perchè non necessita di pesticidi, di fertilizzanti, di erbicidi; utilizza il 90% in meno di acqua, mentre addirittura con l’ariaponica si arriva ad un risparmio del 95% di acqua rispetto all’agricoltura tradizionale.

Le colture sono protette dagli eventi climatici e dai parassiti, quindi senza perdite inaspettate (altro motivo che rende queste colture meno costose e più sicure). Anche i lavoratori sono più tutelati e lavorano in condizioni protette e pulite. Il cibo prodotto in questo modo non ha nemmeno bisogno di essere lavato, con un ulteriore risparmio di acqua.

L’ariaponica è un sistema analogo all’aquaponica dove però le radici, anziché essere immerse nell’acqua, sono immerse in un ambiente nebulizzato. Le piante catturano ugualmente i nutrienti e crescono tutto l’anno grazie alle temperature controllate.

L’acquaponica invece è un sistema incredibile dove si viene a creare un equilibrio simbiotico tra piante e pesci. Infatti vengono collocate delle vasche con pesci – ad esempio, carpe – e collegate a vasche con piante in sospensione idroponica. Le piante traggono nutrimento dagli scarti dei pesci e i pesci beneficiano a loro volta delle piante. Il risultato finale è che si ottengono ottime quantità di cibo tra pesci e piante, senza l’uso di sostanze inquinanti per noi o l’ambiente.

Negli ultimi anno si stanno diffondendo gli orti urbani e assieme a questi, sistemi di coltura idroponica da far crescere in casa. Credo che coltivare un po’ del proprio cibo sia un ottimo modo per ottenere prodotti freschi e al contempo ridurre la propria impronta ecologica.

È molto più facile di quanto sembri: ci sono riuscita io che ho il “pollice nero” e non sono capace di tenere in vita nemmeno una pianta grassa.

Nonostante questo, ho voluto provare il kit di idroponica dell’Ikea, dopo che dalle istruzioni mi era sembrato che potesse essere l’occasione per me di riuscire a far crescere finalmente qualcosa. E così è stato.

Ho potuto coltivare insalata di vari tipi ed erbe aromatiche. Oltre alla grande soddisfazione di mangiare quello che avevo piantato, c’è stato anche l’interessante processo di nascita e crescita delle varie piantine, che mi è piaciuto seguire nelle varie settimane. Le piante in idroponica indoor richiedono pochissime cure e sistemi di questo tipo rendono tutto molto semplice. La foto che metto qui mostra le mie piantine in fase di crescita.

Ora sto per piantare nuovi semi, ma ho modificato il sistema rendendolo ancora più automatizzato. Ho aggiunto una piccola pompa da acquario, che permetterà all’acqua di ossigenarsi meglio, ma sarà anche utile per svuotare facilmente la vaschetta quando ne avrò bisogno.

Inoltre, anziché un timer (che usavo per azionare e spegnere automaticamente la luce uv), questa volta userò un sistema di controllo con Wi-Fi in modo da poter controllare l’intera idroponica con una app, che mi permette di programmare sia le luci che la pompa. Non sono necessarie queste modifiche per utilizzare quel kit, io non faccio testo. Pubblicherò qualche aggiornamento sulle mie nuove colture nelle prossime settimane.

I Grassi e l’Inverno

Una buona alimentazione dovrebbe basarsi anche sul ciclo stagionale e tenere conto delle diverse necessità che si hanno nei diversi periodi dell’anno.

Da tempi molto antichi, nella storia evolutiva della nostra specie, il rifornimento di nutrienti variava tantissimo dalla stagione calda a quella fredda, in quanto solo nei mesi caldi si poteva usufruire di abbondante frutta e verdura, mentre d’inverno si doveva ricorrere di più alla cacciagione, al cibo conservabile (formaggio, pesce essiccato, ecc) e ai pochi frutti invernali, con un aumento del consumo medio di calorie e grassi. Oggi noi abbiamo la possibilità di mangiare di tutto in ogni periodo, sebbene sia sempre preferibile scegliere prevalentemente verdura e frutta di stagione perché da esse ricaviamo ciò che ci serve maggiormente in quel determinato periodo (animali e piante si evolvono insieme). Per quanto riguarda in particolare i grassi, mediamente necessitiamo di circa il 30-35% delle calorie provenienti dai grassi. Questa percentuale va poi suddivisa in grassi monoinsaturi, polinsaturi e saturi. I primi devono essere i più abbondanti, superando la metà dei grassi totali. Il resto deve essere suddiviso tra polinsaturi e saturi, rispettivamente con il 20% e il 25%. D’inverno però possiamo aumentare sia di un poco le calorie che ingeriamo (del 5-10%), e sia l’introito di grassi fino al 40-45% a discapito di un po’ di carboidrati e sfruttare diversi vantaggi tra cui un migliore assorbimento delle vitamine, un effetto termogenico e un piccolo quantitativo di colesterolo in più che ci serve per immagazzinare più vitamina D nei mesi più bui (questo però avviene idealmente se lavoriamo all’aperto tutto il giorno poco coperti, come facevano i nostri antenati…ecco perchè a noi servono gli integratori).

Quando si parla di grassi saturi e colesterolo oggi si scatena il panico, che è una reazione esagerata ed opposta dovuta al loro consumo eccessivo. Ma va ricordato che in una dieta equilibrata anche loro hanno un ruolo. Chiaramente, chi è sovrappeso, con l’ipercolesterolemia, i trigliceridi alti o altri squilibri dovuti ad eccessi cronici, dovrà seguire invece un percorso medico specifico.

Un’altra conseguenza della disinformazione sui grassi saturi è il ritenere che siano presenti solo o soprattutto negli alimenti di origine animale, questo perché oggi si è diffusa l’idea che gli alimenti vegetali fanno tutti bene mentre quelli animali fanno tutti male. E siccome il grasso saturo viene considerato il male, è stato messo assieme nella lista dei cattivi. I grassi saturi sono sempre grassi saturi, che siano vegetali o animali. La struttura chimica infatti è identica.

Gli alimenti che a parità di peso e parte edibile contengono più grassi saturi in assoluto sono questi:

1 Olio di cocco 86,5g

2 Olio di palma 81,5g

3 Burro di cacao 59,7g

4 Burro 51,4g

5 Sego di bovino 49,8

6 Sego di montone 47,3g

7 Olio di karité 46,6g

8 Lardo di maiale 45,23g

9 Strutto 36,53g

10 Grasso di anatra 33,2g

I primi tre alimenti più ricchi di grassi saturi sono vegetali. Ci sarebbe in realtà un quarto alimento ancora più ricco, e anch’esso vegetale: l’olio di noce moscata con ben 90g di grassi saturi, ma non è un alimento comune.

Ci sono 24g di grassi saturi in 100g di cioccolata fondente extra, mentre ce ne sono 18 in 100 grammi di gorgonzola, ma generalmente si pensa che il cioccolato fondente extra sia una scelta più sana, e che non contenga affatto grassi saturi in quanto vegetale. Su questa disinformazione l’industria alimentare fa il suo comodo diffondendo esempio l’idea che si possa consumare olio di cocco a volontà e che, poiché l’olio di palma è vegetale, allora è sano.

Quindi è importante essere informati, non lasciarsi travolgere dalle mode e sapere dove si trovano i grassi saturi per sapere quanti ne mangiamo. Se mangiamo prodotti con olio di palma (ormai presente quasi ovunque) dobbiamo sapere che stiamo già assumendo e forse eccedendo la dose quotidiana di grassi saturi, e pertanto siamo a maggiore rischio di sviluppare patologie infiammatorie o peggiorare quelle già presenti.

Non sono esenti nemmeno i prodotti gluten-free creduti spesso più sani o pensati per andare a totale beneficio delle persone con sensibilità al glutine: anzi, tra le marche più famose troviamo un largo uso di olio di palma e uno snack come questo con ben 16g di grassi saturi per 100g di prodotto si vanno a sommare all’apporto quotidiano necessario, causando un eccesso, ancora più dannoso nel caso di persone con patologie infiammatorie. A questo si aggiungono gli zuccheri ed amidi ad altissimo indice glicemico (sciroppo di glucosio-fruttosio, zucchero, amido di mais…), che assieme creano un prodotto ancora più pro-infiammatorio e davvero poco adatto a persone delicate. Ad ogni modo, anche nelle persone sane, un consumo di grassi saturi + zucchero si rivela dannoso e porta ad ipercolesterolemia. Non innalza significativamente il colesterolo invece, l’assunzione di cibi con colesterolo. Ecco perchè le uova sono state scagionate dopo tante accuse infondate sul loro presunto ruolo nell’ipercolesterolemia.

In conclusione, l’inverno è la stagione in cui assumere un po’ di grassi in più, anche saturi, può andare a nostro beneficio, a patto che si presti sempre attenzione agli eccessi, agli ingredienti nascosti, e ai prodotti spacciati per sani.

Va ricordato inoltre che ogni porzione di formaggio, pesce, carne o uova, va sempre accompagnata da una abbondante quantità di verdure, e che se mangiamo invece prodotti vegetali contenenti grassi saturi, dobbiamo prediligere le fonti proteiche vegetali, che sono scarse di questi grassi.

Fonti:

Cucina Giapponese e Glutine

Dato che in Giappone il consumo di alimenti glutinosi è ancora abbastanza basso, la celiachia e l’intolleranza al glutine sono presenti nello 0,05% della popolazione, mentre nel mondo occidentale siamo già saliti all’1% della popolazione (febbraio 2018), e ormai di malattia rara non si può più nemmeno parlare.

Anche questo dato conferma, assieme a molti altri elementi, che sono soprattutto i fattori esterni come l’alimentazione e non la genetica, a determinare l’insorgenza di malattie autoimmuni e infiammatorie come la celiachia.

Dato che in Giappone la celiachia al momento è ancora effettivamente rara, non c’è ancora una conoscenza diffusa di questo disturbo nel settore della ristorazione e questo si riflette anche nei ristoranti giapponesi qui in Italia. Ma sebbene il cereale principale del menù giapponese sia il riso, naturalmente senza glutine, ci sono ingredienti contenenti grano e derivati che sono poco riconoscibili, complice il fatto che ci sono parole straniere e alimenti poco noti nel listino.

Partendo dagli ingredienti più ricchi di glutine, troviamo gli spaghetti o ramen, o noodles. I giapponesi utilizzano sia il grano che il riso per i loro spaghetti, e anche la soia. Quindi attenzione perché se c’è scritto spaghetti di grano o frumento, o anche se non c’è scritto di quale farina sono fatti, vanno evitati, mentre via libera teoricamente per riso e soia. Possiamo anche trovare gli spaghetti indicati come “udon”, e vige la stessa regola. Se invece troviamo gli spaghetti “soba”, questi di norma sono fatti con il grano saraceno che non contiene glutine, ad ogni modo meglio controllare gli ingredienti.

La tempura è un patto di pesce o verdure fritte in pastella di farina di grano, anche questa è da evitare.

Il panko sono palline di pane croccante sempre contenente grano e quindi glutine.

Il sushi classico è formato da un mattoncino di riso aromatizzato con aceto di riso, sale e zucchero, e una fettina di pesce. Questi sono tutti ingredienti senza glutine ma attenzione che sia pesce naturale e non “surimi”: questo preparato infatti è composto da pesce, amidi e farine tra cui quella di grano. Talvolta il “surimi” o “surini” viene indicato con “bastoncini di granchio” o “bastoncini al sapore di granchio”. Nel dubbio che sia vero granchio (privo di glutine) o surimi (con glutine), evitiamo di rischiare e scegliamo invece salmone, tonno, branzino, gambero e gli altri pesci al naturale.

La salsa di soia contiene, tra gli ultimi ingredienti, anche il grano. Di conseguenza contiene glutine. Purtroppo molte altre salse, contenendo come base la salsa di soia, contengono anche glutine.

Queste sono la salsa teryiaki e tonkatsu, inoltre altre salse di invenzione del ristorante possono contenere derivati del grano. Il wasabi invece può contenere orzo e malto d’orzo, un altro cereale contenente glutine, e va quindi evitato anche quello. Tra le salse tradizionalmente senza glutine troviamo la salsa mirin, che dovrebbe contenere solamente riso fermentato e zucchero. Un’altra salsa teoricamente sicura è la salsa sriracha, che dovrebbe contenere solo peperoncini, aglio, aceto, sale e zucchero. Nel dubbio, è meglio evitare le salse.

Per le alghe, il rischio d contaminazione da glutine si può avere se le alghe sono in polvere, mentre nel caso delle alghe in fogli sembra perlopiù assente.

Mangiare fuori casa è sempre un rischio e per i celiaci bisognerebbe scegliere un ristorante con piatti espressamente gluten-free. In assenza di questa possibilità si può imparare a fare qualche semplice sushi a casa acquistando ingredienti sicuri senza glutine come ad esempio la salsa di soia senza glutine della Kikkoman.

Per chi ha ancora una certa tolleranza al glutine e alle sue contaminazioni, i piatti più sicuri sono quelli più semplici fatti con riso e pesce senza salse a base di salsa di soia, che possono essere accompagnati dal gari (fettine di zenzero marinate) e i rotolini di alga. Il sashimi è solo pesce crudo al naturale mentre il daikon è una rapa bianca anch’essa priva di glutine.

 

Per approfondire:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28389733

http://www.vita.it/it/article/2018/01/23/aumenta-il-numero-dei-celiaci-in-italia/145717/

I Cibi che Aiutano il Fegato

Una delle condizioni più frequenti di danno epatico che peraltro non provoca alcun sintomo per lungo tempo, è un particolare stato infiammatorio cronicizzato derivante molto spesso da alimentazione e stile di vita sbagliati. È possibile prevenire questo grave disturbo semplicemente modificando in meglio la dieta. Vediamo quali sono i cibi e le sostanze che beneficiano il fegato, e quali invece sono da eliminare.

Pesce grasso
Come sottolinea uno studio nel World Journal of Gastroenterology, consumare grassi e integratori di olio di pesce può aiutare a prevenire e ridurre l’impatto di condizioni come la NAFLD (Non Alcoholic Fatty Liver Disease), o Steatosi Epatica Non Alcolica.

Il pesce grasso è ricco di acidi grassi omega-3, che sono i grassi buoni che aiutano a ridurre l’infiammazione. Questi grassi possono essere particolarmente utili nel fegato, poiché sembrano prevenire l’accumulo di grassi in eccesso e mantenere i livelli degli enzimi nel fegato.

Lo studio raccomanda di mangiare pesce grasso due o più volte alla settimana. Se non piace incorporare nella dieta i pesci grassi come l’aringa o il salmone, si può prendere un supplemento giornaliero di olio di pesce. Essendo l’omega-3 un grasso essenziale, è necessario al nostro corpo e alla nostra salute.

Noci
Lo stesso studio dice che mangiare noci potrebbe essere un altro modo semplice per mantenere il fegato sano e proteggere contro la NAFLD. Le noci contengono generalmente acidi grassi insaturi, vitamina E e antiossidanti. Questi composti possono aiutare a prevenire la NAFLD e ridurre l’infiammazione e lo stress ossidativo.

Mangiare una manciata di frutta a guscio come noci o mandorle ogni giorno, può aiutare a mantenere la salute del fegato.

Olio d’oliva
Si dice che mangiare grasso non fa bene al fegato, ma dipende da quali grassi. Alcuni grassi possono aiutarlo. Secondo lo studio del World Journal of Gastroenterology, l’aggiunta di olio d’oliva (meglio se extravergine) alla dieta può aiutare a ridurre lo stress ossidativo e migliorare la funzionalità epatica. Ciò è dovuto all’alto contenuto di acidi grassi insaturi nell’olio.

Fiocchi d’avena
Il consumo di farina d’avena è un modo semplice per aggiungere fibre alla dieta. La fibra è uno strumento importante per la digestione e le fibre specifiche nell’avena possono essere particolarmente utili per il fegato. L’avena e la farina d’avena sono ricchi di composti chiamati beta-glucani.

Come uno studio del 2017 nel rapporto dell’International Journal of Molecular Sciences, i beta-glucani sono biologicamente molto attivi nel corpo. Aiutano a modulare il sistema immunitario ea combattere l’infiammazione e possono essere particolarmente utili nella lotta contro il diabete e l’obesità.

La recensione rileva inoltre che i beta-glucani dell’avena sembrano aiutare a ridurre la quantità di grasso immagazzinata nel fegato nei topi, che potrebbe anche aiutare a proteggere il fegato. Ulteriori studi clinici sono necessari per confermare questo, tuttavia.

Chi vuole aggiungere avena o farina d’avena alla propria dieta dovrebbe cercare l’avena integrale, magari addirittura in chicchi. In alcuni casi la farina d’avena preconfezionata può contenere altri ingredienti come farina di grano o zuccheri, che non saranno così benefici per il corpo. Chi non tollera il glutine può trovare nei negozi specializzati degli appositi fiocchi di avena senza glutine.

Tè verde
Il consumo di tè verde può aiutare a ridurre il contenuto complessivo di grassi.
Uno studio del 2015 nel World Journal of Gastroenterology rileva che il tè verde può aiutare a ridurre il contenuto di grasso complessivo, combattere lo stress ossidativo e ridurre altri segni di steatosi epatica non alcolica (NAFLD).

È importante notare che il tè puro può essere migliore degli estratti, poiché alcuni estratti possono danneggiare il fegato piuttosto che guarirlo.

Lo studio rileva che non ci sono ancora raccomandazioni specifiche per le persone con questa condizione di consumare estratti di tè o di tè, ma il legame con la salute del fegato è promettente.

Aglio
L’aggiunta di aglio alla dieta può aiutare a stimolare il fegato. Uno studio del 2016, pubblicato sulla rivista Advanced Biomedical Research, osserva che il consumo di aglio riduce il peso corporeo e il contenuto di grassi nelle persone con NAFLD, senza modifiche alla massa magra. Questo è utile, in quanto il sovrappeso e l’obesità sono un fattore che contribuisce alla NAFLD.

Sembra che anche il caffè possa aiutare il fegato in qualche misura ma data la sua natura controversa come alcuni effetti collaterali su apparato cardiocircolatorio e apparato digestivo, può essere lasciato da parte.

Alimenti da evitare
In generale, trovare l’equilibrio giusto nella dieta manterrà il fegato sano. Tuttavia, ci sono anche alcuni alimenti e gruppi alimentari che il fegato trova più difficile da elaborare. Questi includono:

Cibi grassi: questi includono cibi fritti, fast food e da molti ristoranti. Anche snack, patatine e noci confezionati possono essere sorprendentemente alti nei grassi.
Alimenti amidacei: includono pane, pasta e dolci o prodotti da forno.
Zucchero: ridurre lo zucchero e alimenti zuccherini come cereali raffinati, prodotti da forno e caramelle può aiutare a ridurre lo stress sul fegato.
Sale: modi semplici per ridurre l’assunzione di sale includono mangiare meno fuori casa, evitando carni in scatola o verdure e riducendo o evitando salumi e pancetta salata.
Alcol: chiunque desideri interrompere il processo di danneggiamento del proprio fegato dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di eliminare completamente l’alcol dalla dieta.

Per approfondire:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4588084/

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4763563/

Alimenti per Capelli Splendenti

I migliori alimenti che puoi aggiungere alla tua dieta per avere capelli belli e sani includono agrumi, riso integrale, ostriche, verdure a foglia verde, alcuni tipi di noci, salmone, lenticchie, yogurt, uova e molti altri.

Insieme alla nostra pelle, i capelli sono le parti più esposte e visibili del nostro corpo, il che significa anche che sono quasi sempre suscettibili ai danni e agli agenti esterni. La salute dei tuoi capelli è importante per il loro aspetto perchè i prodotti cosmetici potranno arrivare solo fino ad un certo punto. È essenziale proteggerli sia dall’esterno che dall’interno per assicurarsi che rimangano pieni, setosi e belli. Alcuni dei problemi più comuni quando si tratta dei nostri capelli sono la caduta dei capelli, l’essiccazione, le doppie punte, la crescita lenta e la variazione dei colori. Mentre alcuni di questi problemi sono inevitabili con l’età, la maggior parte di essi sono prevenibili se si struttura la dieta per includere specificamente ciò di cui i capelli hanno bisogno.

Per contrastare gli effetti nocivi sui capelli e proteggere i follicoli e i capelli dalle condizioni atmosferiche, dallo stress, dalla bassa circolazione, dai radicali liberi, dalla carenza di nutrienti, dalla disidratazione e da altre cause sottostanti, è necessario implementare la dieta in modo adeguato. I nutrienti e i minerali più efficaci che possono influenzare positivamente la salute dei tuoi capelli includono zinco, selenio, ferro, biotina, vitamina C, D ed E e acidi grassi omega-3.

Alimenti per capelli sani

Mentre ci sono centinaia di alimenti che contengono una combinazione o una percentuale di questi elementi nutrizionali, se si desidera il miglioramento più efficace ed efficiente per la salute dei capelli, i seguenti 10 alimenti forniranno i migliori risultati.

Uova
Anche se molte persone potrebbero non associare più facilmente le uova al miglioramento della salute dei loro capelli, le uova contengono una quantità impressionante di proteine, che sono un componente importante dei capelli umani. Oltre a ciò, le uova sono anche buone fonti di zolfo, ferro, selenio e zinco. Il ferro aumenta la circolazione al cuoio capelluto e lo zinco rafforza i capelli che hai già. Il pollo è un’altra opzione ricca di proteine che dà gli stessi risultati, oltre a una solida base di vitamine del gruppo B. Poco utile è spargersi l’uovo sui capelli: meglio mangiarselo.

Ostriche
Quando stai cercando una buona quantità di zinco nella tua dieta, le ostriche sono ottime. Forniscono quasi il 500% del fabbisogno giornaliero, il che garantirà che non inizi a perdere i capelli per tale carenza. Lo zinco è essenziale per evitare la perdita dei capelli e rafforzare i capelli che hai, in modo che continui a ricevere nutrienti dal cuoio capelluto.

Mirtilli
Un sacco di persone parlano di superfoods e dei vari incredibili benefici che hanno per il corpo. Queste tendenze della cultura pop vanno e vengono; tuttavia, i mirtilli sono qui per rimanere, e tra il loro impressionante livello di antiossidanti, che proteggono il cuoio capelluto dai radicali liberi, e la vitamina C che stimola la produzione di collagene e la circolazione del cuoio capelluto, questi deliziosi piccoli frutti dovrebbero sicuramente essere aggiunti alla tua dieta.

Lenticchie
Le lenticchie sono una delle migliori fonti alimentari per le proteine, e i capelli sono costituiti da cheratina indurita, una proteina, quindi senza una quantità significativa di proteine nella dieta, i capelli non cresceranno rapidamente. In secondo luogo, le lenticchie sono una fonte importante di ferro che, se combinato con la vitamina C, può aumentare il metabolismo, la circolazione e l’ossigenazione delle cellule, che sono essenziali per la salute dei follicoli dei capelli.

Salmone
Gli acidi grassi omega-3 svolgono un ruolo importante nell’avere capelli sani, in quanto il corpo non può creare questi acidi grassi, ma costituiscono tra il 2-3% dei capelli. Inoltre, questi oli mantengono la pelle e i capelli adeguatamente idratati e sono parti essenziali delle membrane cellulari presenti sul cuoio capelluto. Salmone e pesce simile sono le principali fonti di acidi grassi omega-3 in una dieta.

Noci
Le noci sono una fonte sorprendente di biotina, che è una vitamina B idrosolubile che è necessaria per la salute del cuoio capelluto e dei capelli. Le noci sono anche l’unico tipo di frutta a guscio che fornisce acidi grassi omega-3. Vari tipi di frutta a guscio sono elogiati per il loro impatto, in particolare quelli che contengono rame, poiché questo minerale aiuta a mantenere il colore e la lucentezza dei capelli.

Verdure a foglia verde
L’aggiunta di spinaci, cavoli, bietole e verdure simili alla tua dieta darà al tuo corpo ferro, acido folico, vitamina C e beta-carotene, una potente miscela di nutrienti per la salute dei capelli che stimolerà la crescita, promuoverà l’idratazione, aumenterà la circolazione e manterrà colore e lucentezza. Questi tipi di verdure contengono anche metilsulfonilmetano, che aiuta nella produzione di cheratina, la principale proteina di cui sono fatti i capelli.

Alimenti ricchi di iodio
Molti problemi di capelli possono essere attribuiti a una ghiandola tiroide disfunzionale, che controlla molte delle nostre azioni ormonali. Capelli che si assottigliano, crescita lenta, decolorazione e secchezza possono essere tutti segni di un problema ormonale. Lo iodio è il nutriente più importante per regolare la ghiandola tiroidea, quindi mangiare cibi come le verdure di mare (kelp, wakame) può aumentare significativamente i livelli di iodio.

Yogurt
Se vuoi aumentare l’assunzione di vitamina B (in particolare l’acido pantotenico, che è direttamente collegato alla salute dei capelli), aggiungi un po ‘di yogurt alla tua dieta quotidiana. La vitamina D si trova in piccole quantità nello yogurt, che migliora la salute dei follicoli piliferi.

Prevenire Ora le Malattie Cardiache

Secondo l’American Heart Association, malattie cardiache e ictus sono rispettivamente il numero 1 e il numero 4 nella lista delle principali cause di morte.

Chi è a rischio di ictus o semplicemente per mantenere basso il rischio, allenarsi regolarmente, smettere di fumare ed evitare cibi trattati, bibite dietetiche e soprattutto grassi trans è la prima cosa da fare. Ma non si può certo cominciare in vecchiaia, quando non c’è più modo di prevenire questo evento.

Ciò che scegli di mangiare oggi gioca un ruolo enorme nel ridurre il rischio di ictus da ora in poi.

Le linee guida dietetiche raccomandate dall’American Heart Association e dall’American College of Cardiology suggeriscono di mantenere la dieta ricca di “frutta, verdura, cereali integrali, latticini a basso contenuto di grassi, pollame, pesce e noci”. Non a caso queste indicazioni sono le medesime per l’infiammazione, il cancro, il diabete e tutte le altre situazioni patologiche, che sono tutte correlate.

Allo stesso modo, altri studi hanno dimostrato che una dieta mediterranea tradizionale combatte malattie cardiache e ictus. Un’ottima dieta mediterranea è principalmente a base vegetale, costituita da frutta e verdura, cereali integrali, legumi, noci, pesce e pollame e olio d’oliva. La dieta mediterranea e la dieta antinfiammatoria si assomigliano molto.

Il motivo per cui dovresti assumere questi alimenti nella tua dieta è indicato per ciascuna categoria:

Verdure e frutta
Verdure e frutta sono piene di vitamine, minerali, fitonutrienti e fibre. Sono anche a basso contenuto di calorie, che li rende la base della maggior parte dei piani di una dieta sana, indipendentemente dai tuoi obiettivi di salute specifici. Una dieta ricca di frutta e verdura ha dimostrato di ridurre il rischio di malattie cardiovascolari.

Uno studio ha dimostrato che le donne più anziane che mangiano cibi con maggiori quantità di potassio potrebbero essere a minor rischio di ictus e morte. La maggior parte di frutta e verdura è una buona fonte di potassio (alcuni cibi particolarmente ricchi di potassio includono frutta a guscio, banane e patate dolci).

Per i maggiori benefici per la salute, frutta e verdura dovrebbero essere mangiate intere, non trasformate (non succo di concentrato o sciroppate in scatola) e biologiche.

Frutta a guscio

Le noci, le mandorle, ecc. contengono una varietà di grassi insaturi, fibre, vitamina E e altri nutrienti, che possono combinarsi per abbassare i livelli di colesterolo cattivo e prevenire la formazione di coaguli di sangue. Quasi tutti i frutti a guscio hanno questi benefici, ma quelli particolarmente sani includono noci, mandorle e nocciole.

La frutta a guscio è ottima come spuntino: è buona, sazia, inoltre si trova già confezionata. Prendiamo quella al naturale senza aggiunta di sale e additivi.

Fagioli e legumi
I fagioli sono una grande fonte di proteine, senza avere i grassi saturi e il colesterolo presenti invece nelle carni. Inoltre sono una buona fonte di fibre e minerali e possono anche aiutare a ridurre i livelli di colesterolo.

Prova ad aggiungere fagioli a insalate, involtini, zuppe, minestre.

Cereali integrali
La chiave per mangiare cereali sani è mangiarli interi quando possibile, invece che lavorati. Evita la farina raffinata e passa al grano integrale. Varia la dieta integrando più tipi di cereali integrali.

Per coloro che sono sensibili al glutine e non, in alternativa al grano si possono mangiare il miglio, la quinoa, il grano saraceno, il teff, l’amaranto, il sorgo, l’avena, il mais… L’avena può contenere glutine se viene lavorata in una struttura in cui viene lavorato anche il grano. Assicurati di controllare le etichette: esiste anche l’avena senza glutine e dato che è un cereale molto nutriente, non dovrebbe mai mancare in una buona dieta.

Pesce
Sostituire la carne rossa con il pesce nella dieta aiuta a migliorare la qualità dei grassi introdotti. Ma la carne rossa non va del tutto eliminata: saltuariamente, un po’ di roast beef, tartare, fiorentina o altre forme poco cotte di carne rossa possono anch’esse far parte della dieta.

I pesci contengono acidi grassi chiamati Omega-3 che possono ridurre la coagulazione del sangue, aumentare il colesterolo buono (HDL), ridurre i trigliceridi, ridurre l’infiammazione e in generale, mantenerci in salute.

Per ottenere una buona dose di Omega-3, il pesce grasso come salmone, trota di lago, aringa, sardine e tonno sono i primi della lista.

Olio d’oliva
L’olio d’oliva, meglio se extravergine, è un ottimo guardiano per la salute del cuore in quanto contrasta i grassi saturi e i grassi trans, che possono entrambi far aumentare i livelli di colesterolo. L’olio d’oliva contiene acidi grassi monoinsaturi, che sono considerati grassi sani che possono migliorare i fattori di rischio di malattie cardiache come i livelli di colesterolo, la coagulazione del sangue e i livelli di insulina. È possibile utilizzare l’olio extravergine d’oliva in quasi tutti i piatti grazie al suo ottimo aroma.

Omega-3 Contro l’Ansia

Una meta-analisi recentemente pubblicata conclude che gli integratori di omega-3 potrebbero ridurre i sintomi di ansia.

L’Omega-3 potrebbe quindi essere un intervento sicuro ed economico per l’ansia.
L’ansia è uno dei più comuni sintomi psichiatrici in paesi come gli Stati Uniti.

Può apparire come un disturbo d’ansia autonomo o come parte di un altro disturbo mentale, come la depressione.

Interventi farmaceutici come gli inibitori della ricaptazione della serotonina possono trattare questo disturbo.

Tuttavia, le persone con disturbi d’ansia sono spesso preoccupate per gli effetti collaterali e la dipendenza.

Altre opzioni includono terapie comunicative, ma sono lunghe e costose.

Si stima che 1 su 5 adulti negli Stati Uniti sviluppi un disturbo d’ansia ogni anno, quindi trovare un modo sicuro e conveniente per gestire l’ansia sarebbe di grande beneficio per milioni di persone.

Gli acidi grassi polinsaturi Omega-3 (PUFA) sono presenti negli oli di pesce. Nel corso degli anni, i ricercatori hanno attribuito loro una vasta gamma di benefici per la salute, ma non tutti sono supportati da prove.

Negli ultimi anni, alcuni scienziati hanno testato il potenziale dell’omega-3 per aiutare nel trattamento delle condizioni psichiatriche, compresi i disturbi dell’umore.

Le ricerche che studiano gli effetti anti-ansia dei PUFA omega-3 nei modelli animali hanno visto un certo successo; ad esempio, uno studio sui ratti ha scoperto che una dieta ricca di un PUFA chiamato acido eicosapentaenoico, riduceva i comportamenti ansiosi.

Negli esseri umani, la ricerca ha dimostrato una relazione tra livelli di PUFA e ansia. Ad esempio, uno studio ha scoperto che le persone con disturbi d’ansia hanno livelli inferiori di PUFA circolanti di omega-3.

Un altro ha mostrato che gli integratori di omega-3 riducevano sia l’infiammazione che l’ansia negli studenti di medicina durante gli esami.

Questi studi e altri, tuttavia, sono stati limitati dalle loro piccole dimensioni. Per rettificare questo, i ricercatori hanno recentemente effettuato la prima revisione sistematica su questo argomento.

I ricercatori hanno preso dati da 19 studi clinici tra cui un totale di 1.203 partecipanti. Le loro scoperte sono state pubblicate sulla rivista JAMA Network Open. Dopo l’analisi, i loro risultati hanno supportato la loro teoria iniziale. Sebbene gli studi siano variati significativamente nel tipo di partecipanti coinvolti e nei modi in cui è stata misurata l’ansia, hanno visto una significativa riduzione dell’ansia nei gruppi trattati con omega-3 rispetto ai gruppi placebo.

La maggior parte degli studi ha dimostrato un effetto positivo dei PUFA omega-3 sull’ansia, anche se non tutte le dimensioni dell’effetto erano significative. Tuttavia, quando i dati sono stati raggruppati, l’effetto combinato è statisticamente significativo.

“Questa revisione indica che i PUFA omega-3 potrebbero aiutare a ridurre i sintomi dell’ansia clinica, mentre ulteriori studi ben disegnati sono necessari nelle popolazioni in cui l’ansia è il sintomo principale”.

È interessante notare che gli effetti positivi degli omega-3 erano particolarmente pronunciati per le persone che avevano avuto diagnosi di disturbi d’ansia.

 

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Pesci come sgombro, salmone, aringhe e tonno sono tra le principali fonti di omega-3.

Prima che gli omega-3 siano portati ad un uso più ampio, gli autori suggeriscono che saranno necessari ulteriori studi su larga scala. Esattamente come questi acidi grassi potrebbero conferire i loro effetti benefici è un’altra domanda a cui dovrà essere data una risposta.

I PUFA Omega-3 sono presenti nelle membrane cerebrali e, come scrivono gli autori, possono “interferire e possibilmente controllare diversi processi neurobiologici, come i sistemi di neurotrasmettitori, la neuroplasticità e l’infiammazione“.

Questo potrebbe aiutare a spiegare perché hanno un impatto sui sintomi psichiatrici, ma saranno necessarie molte più ricerche per disimpegnare i meccanismi esatti coinvolti.

Gli autori dello studio sono chiari che la loro analisi ha alcune limitazioni; in particolare, la dimensione del campione relativamente piccolo. Avvertono che “i risultati non dovrebbero essere estrapolati senza un’attenta considerazione”.

Più ricerca seguirà sicuramente. Se un intervento semplice come l’integrazione di omega-3 potrebbe ridurre i livelli di ansia, avrebbe il potenziale per alleviare la sofferenza di molte persone.

 

Per approfondire:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16794572

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23945451

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21784145